Durante Vinitaly 2025 ho avuto il privilegio di partecipare a una straordinaria degustazione verticale nello stand di Fattoria della Talosa, una delle cantine simbolo del Nobile di Montepulciano.
Una vera e propria esplorazione sensoriale attraverso quattro annate – 2021, 2017, 2015 e 2012 – che ha permesso di apprezzare l’evoluzione del Sangiovese in un territorio affascinante e ricco di storia.
La voce della terra e delle vigne vecchie
A introdurci in questo percorso è stato Edoardo Jacorossi Mottini, proprietario dell’azienda, che con passione ha raccontato l’impegno della sua famiglia per la valorizzazione del Nobile fin dagli anni ‘80.

Accanto a lui, l’enologo della cantina ha illustrato un progetto ambizioso: “La Piève”, una nuova etichetta nata dal desiderio di dare voce alle vigne più antiche della tenuta, piantate nel 1969. Un lavoro certosino, fatto di prove, attese e fiducia nei tempi lunghi del vino.
Il risultato? Un Sangiovese puro, affinato per 24 mesi in tonneaux di secondo passaggio, che riesce a tradurre nel bicchiere la complessità, l’eleganza e l’identità delle vigne storiche. Solo 2480 bottiglie numerate, per un vino che è già diventato un manifesto della filosofia Talosa.

L’evoluzione del tempo: 2021, 2017, 2015, 2012
La degustazione di Vino Nobile di Montepulciano DOCG ha permesso di confrontare l’espressività delle diverse annate, tutte caratterizzate da sfide climatiche differenti:
- Piève le Grazie 2021 – Annata calda ma ben gestita grazie alle vigne vecchie, che hanno saputo rispondere con equilibrio. Il vino è giovane, armonico, con una vibrante acidità e tannini già eleganti. Un’annata che promette una grande evoluzione.
- Riserva 2017 – La più difficile. Siccità estrema, escursioni termiche minime, stress idrico. Ma proprio qui si è vista la mano esperta della cantina: un vino maturo, ma non sovraestratto, che parla di resistenza e consapevolezza. “Un’annata che molti avrebbero saltato – ci hanno detto – ma noi l’abbiamo affrontata come un’occasione didattica, per imparare e prepararci al futuro.”
- Riserva 2015 – L’annata “da manuale”. Tutti i parametri ideali: maturazione lenta, escursione termica, equilibrio tra frutto e struttura. Il vino ha tutto: complessità, balsamicità ben dosata, eleganza e profondità.
- Riserva 2012 – Dieci anni di bottiglia, e non sentirli. Un’annata calda, ma con un lavoro attento in cantina: 12 mesi in tonneaux, poi 6 in cemento. Il risultato è un vino che ha ancora vitalità, che emoziona per la sua persistenza e per il modo in cui racconta la fatica e la bellezza del tempo.
Il futuro ha radici profonde
Ciò che ha colpito di più in questa verticale non è stato solo il livello qualitativo dei vini, ma l’onestà intellettuale e la trasparenza con cui la Talosa ha raccontato il proprio lavoro. Ogni vino è stato presentato senza filtri, anche con i suoi limiti, come nel caso della 2017, che ha richiesto coraggio e visione.

In un momento storico in cui il cambiamento climatico impone nuove sfide, la Talosa dimostra che la conoscenza del proprio terroir, il rispetto per le vigne e una viticoltura consapevole sono gli strumenti migliori per affrontare il futuro. Anche quando le annate si fanno difficili, i grandi produttori non si tirano indietro.
E questa degustazione ne è stata la prova concreta: un viaggio nella memoria, ma con lo sguardo sempre rivolto avanti.
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